La pandemia è nome femminile, singolare.
Femminile e singolare come le donne che, a poco più di un anno dall’inizio di questa piaga, fanno i conti con i suoi effetti.
Non è vetero-femminismo. E neanche invidia per l’altro genere. Solo una mera foto della realtà suffragata da numeri e statistiche.
In tempi di guerra le donne impararono i mestieri degli uomini. Guidavano autobus, lavoravano nelle fabbriche, erano idraulici, fabbri, autisti, magazzinieri. Poi la guerra finì. E tornarono a casa.
Spesso immagino di essere una di loro. Tornata a casa a impastare farina, acqua e sale. Mentre hai ancora nella testa il rumore delle macchine, nelle mani il volante, negli occhi il ferro.
Come lumache che si ritraggono nel loro guscio tornarono indietro. E gli uomini ripresero il loro posto nel mondo.
In questa pandemia, dove tanti sono i riferimenti ai tempi della guerra, tra coprifuoco, confini serrati ed esercito in strada, le donne non sono mai uscite di casa. Non sono state chiamate a sostituire nessuno se non se stesse.
Prima della pandemia molte di loro avevano un lavoro. Anzi, ne avevano due, tre, quattro. Perché tornate a casa c’era la casa, i figli con le loro attività, la spesa, la cura.
Con la pandemia le donne sono diventate visibili solo a sé stesse: femminile, singolare.
L’Istat ci dice che il 98% dei posti di lavoro andati persi apparteneva ad una donna. La realtà ci dice che ognuna di loro è sola e senza grandi prospettive.
FEMMINILE
Con un balzo di decenni sento nuovamente parlare della cura come esclusivo appannaggio della donna: con grandi lodi sento dire che le donne in questo contesto si sono prese cura di figli, mariti, nonni – come se peraltro prima non fosse così – con grande dedizione, che senza di loro non ce l’avremmo fatta. Non ce l’avrebbero fatta gli uomini! Noi, abituate a stare contemporaneamente su un foglio Excel, calare la pasta, mettere un cerotto e rispondere al telefono, si, noi ce l’avremmo fatta.
Qualche numero arriva dal Parlamento Europeo:
Covid: il 76% delle persone impiegate nella cura del Covid sono donne
Lavori domestici ed assistenziali: il 95% delle persone impiegate nella cura della casa e delle persone sono donne.
Assistenza all’infanzia e sostegno: che dire, siamo al 93% di donne tra maestre, insegnanti, sostegni a bambini con handicap
E gran parte di queste donne non hanno alcuna assistenza sanitaria o indennità di disoccupazione.
Non possiamo negare che la cura sia donna. E neanche che nel 2021 la nostra cultura considera “lavoro da donne” qualunque attività che implichi cura di cose e persone.
Sembra quasi che gli sforzi degli ultimi 50 anni, impiegati nelle battaglie femminili per uguaglianza di genere nei più diversi settori, stiano dissolvendosi nell’arco di un anno o poco più.
SINGOLARE
Le donne sono rimaste sole.
Sembra un paradosso in tempi di smartworking e DAD in cui si convive 24 ore su 24 e dove lo spazio della solitudine sembra inesistente. Eppure è così.
Se sono le donne a prendersi cura di tutti chi si prenderà cura di loro?
Basta guardarsi intorno, soffermarsi e chiedere: raccontami la tua giornata…Ed ecco una lista di attività più lunga dell’ordine del giorno di una seduta dell’ONU. Alzarsi, portare giù il cane, fare la colazione, svegliare i bambini, vestirli – perché anche se c’è la DAD non sta bene fare lezione in pigiama, 3 ore di DAD al mattino, due al pomeriggio, e i compiti, e poi il supermercato, e poi cucinare, pulire, e poi la gestione della noia dei figli, e delle loro crisi esistenziali pandemiche.
E questo se non lavori. Perché se lavori fai tutto questo ma dividendo il computer con tuo figlio, pregandolo con occhiatacce di fare silenzio durante una riunione, e imprecando contro il tuo gestore di rete perché la tua connessione salta ogni 3 secondi.
Sola.
Perché solitamente chiedere aiuto è impossibile. A chi?
Siamo ancora nel campo dei privilegi…
Ogni settimana, circa 50 donne perdono la vita a causa della violenza domestica nell’UE, un trend che è aumentato durante le chiusure. Con le restrizioni, è inoltre diventato più difficile per le vittime ottenere aiuto. Allo stesso tempo, il sempre più largo uso di internet durante la pandemia ha aumentato la violenza di genere online e il numero di abusi sessuali online dei bambini e, in particolar modo, delle ragazze. Alcuni paesi dell’UE hanno implementato misure aggiuntive per contrastare la violenza di genere durante la pandemia.
Allora, in conclusione, laddove reputo impossibile una parità di genere, invoco il femminile plurale. Perché solo un noi, una reale complicità, un sostegno reciproco possono tirarci fuori da questo precipizio.
Lascia un commento