Roma.
8 agosto, 38 gradi.
All’ombra.
Già, l’ombra. Questa mattina si è svegliato presto con addosso l’ombra di un ulivo antico. Quello appena a destra del patio della casa di campagna, una casa che ha accompagnato le estati di intere generazioni. Ci sono passati tutti i membri di questa famiglia numerosa che vanta lui come fiore all’occhiello: capo del governo. Chi mai l’avrebbe detto…In effetti qualcuno lo diceva fin da quando era un ragazzo: la nonna lo guardava giocare tra fratelli e cugini e pareva avere la visione esatta di come sarebbe stato, della sua carriera tutta. Equilibrato, studioso, brillante, non secchione, sagace. Buono. Era buono. Questo gli diceva sempre quando lo chiamava a sé e senza farsi troppi problemi gli metteva in tasca, a lui solo, 10 mila lire. Sappile spendere, non subito. Rifletti. E fa che siano ben spese. Così lui, intimidito e quasi in colpa per essere il prescelto, metteva quel pezzo da dieci tra le pagine di un libro. E quando diventava troppo gonfio, passava al volume accanto. A 20 anni aveva già una fortuna e con quella decise che era ora di vedere il mondo.
Un mondo ai margini di una ferrovia. Un modo da finestrini di treni che lo avevano portato in tutta Europa. In quell’Europa che sentiva sua come fosse la sua camera, grande abbastanza da metterci le sue cose, piccola il giusto perché tutto fosse a portata di mano.
Quella mattina al risveglio la sensazione dei riflessi dell’ulivo sul suo volto era passata repentinamente. Era il giorno della votazione. Santo Dio, il decreto più difficile.
Uno di quei decreti che se non passa il bene comune cede il passo all’interesse di pochi, e che se passa le libertà individuali si sentono lese. Aveva passato le ultime notti riflettendo sulla libertà. E aveva concluso che si, quel decreto doveva passare, che si, in molti avrebbero gridato ad un abuso di potere, ma alla lunga si sarebbero ricreduti, perché il bene comune era di gran lunga più importante.
Con quell’animo pesante si era rasato mentre sua moglie trafficava in cucina sbraitando parole a caso sulla sua partenza imminente. Istruzioni per il gas, il mangiare alla tartaruga, il portiere in ferie, dove arriva la posta. Non aveva voluto un aiuto di alcun genere, neanche ora che era la moglie del capo del governo, e questo la faceva sentire una sorta di suffragetta, un’eroina delle libertà.
La cosa si era risaputa e sui giornali questa donna minuta che mai avrebbe immaginato di diventare la first lady, sembrava essere diventata l’icona della giustizia sociale.
Con garbo e reale timidezza aveva risposto un giorno ad un microfono invadente, sotto casa, con le buste della spesa in mano, ma che sarà mai, siamo in due. E poi le camicie le mando in tintoria. Da quel momento una sorta di aura le veleggiava intorno, mettendo tutti d’accordo, destra, sinistra e centro, sulla sua simpatia.
Un caffè veloce. Sei nervoso? Lo so, lo so, caro…Vedrai che andrà tutto bene. Si amavano come il primo giorno, con quell’equilibrio e garbo che sa di sceneggiato inglese: eppure erano pugliesi, tutti e due. Tutti e due laureati in Inghilterra, tutti e due europeisti convinti. Una volta glielo avevano chiesto, perché mai lei avesse rinunciato alla carriera politica. Lei, con la sua solita serafica calma aveva risposto con prontezza: ci siamo impegnati entrambi per migliorare le sorti delle nuove generazioni, è solo il campo di gioco che è diverso. Il suo più ampio, figuriamoci, ma il mio…il mio è quello che cambia davvero le cose.
Detto questo un’impennata di consensi per il mestiere più bistrattato degli ultimi 30 anni, l’insegnante. Già perché lei, ormai vicina alla pensione, non aveva mai smesso di insegnare. Italiano e storia alle superiori. E tra un Leopardi e una guerra dei cent’anni, si era convinta che gli insegnanti sono i veri detentori del potere, quelli che da soli possono davvero cambiare le sorti del mondo, lasciando crescere talenti e coltivandoli con cura.
Insomma, quella mattina lui era già sulla porta di casa. Non mi dai un bacio? Lui si volta, un passo indietro, si scusami, sono distratto, tranquillo, andrà tutto come deve andare…e sul pianerottolo il suo soldato preferito, una guardia di 56 anni, Giuseppe, finito nella sua scorta casualmente, pugliese anche lui, una carezza per il cuore e un ripasso quotidiano di dialetto.
Pronti a prendere il piccolo ascensore, spunta dalla porta Guido. Sette anni. E Belle, fida bastardina che ha lo stesso taglio di pelo della madre di Guido, due scarmigliati separati alla nascita. La madre di Guido è separata, elegantemente separata. Vive nell’appartamento di suo marito, lavora nell’ufficio stampa di una grande casa editrice, frequenta gente interessante. E pensa poco a Guido. Per questo ha delegato Belle, la bastarda, come la chiama lei. Belle è le carezze che lei non riesce a dare, è il bacio della buonanotte, è il calore e la fedeltà. Non è cattiva, ma solo ferita per essere stata lasciata, lei che credeva di essere il meglio sulla piazza per un uomo tanto più grande di lei. Lei così giovane e brillante, mai avrebbe pensato di essere lasciata per una sessantenne. Uno smacco troppo grosso. E così adesso amava Guido odiandolo sempre in parte. Quella parte che le ricordava lo “stronzo”, come amabilmente soleva chiamarlo. Quella parte che non risponde alle sue aspettative, che fa di lui un figlio venuto male.
Ciao.
Ciao Guido. Come va?
Un cenno a Giuseppe. Scendo con Guido, Giuseppe, non ti preoccupare, c’è il cane da guardia. Giuseppe sorride. Ogni tanto lascia fare, non ha mai avuto percezione di pericoli imminenti. Tanto meno oggi. Giuseppe non è superficiale, ma gli piace pensare che piccole concessioni in determinanti momenti e in determinati spazi possano fare la differenza anche per il capo del governo.
Prima Belle, poi Guido e infine lui. Chiude la porta, spinge T. L’ascensore è la cosa più vecchia di questo palazzo antico che pare un eterno cantiere. Ristrutturazioni a non finire, ma nessuno che abbia mai messo mano all’ascensore.
- Allora Guido, sei un uomo!
- No, sono Guido.
- Beh, è la prima volta che scendi da solo con Belle, vuol dire che sei un uomo ormai.
- No…è che mamma dorme e Belle puzza.
- Eh, si, lo sento…Niente vacanze?
- No.
Boom. Un boom, o forse più uno sgnac. Ascensore fermo. Tra secondo e primo piano.
- Non temere, adesso riproviamo. T. Nulla. 1, nulla. 3, nulla. Campanello.
- Dottore, si è bloccato!
La faccia grassa di Giuseppe spunta oltre la grata, nella rampa delle scale.
- Mi sembra una valida conclusione Giuseppe, ora magari se riesci a tirarci fuori…
- Sissignore…chiamo il portiere.
- È in ferie Giuseppe, prova a chiamare te l’ascensore…se non riesci chiama l’assistenza.
- Sissignore
- Guido non preoccuparti, che tra poco ci tirano fuori.
In effetti è lui ad essere preoccupato. E non solo perché rischia di fare tardi proprio oggi, proprio alla votazione. In effetti non gli piace affatto stare in un metro quadro con 40°. E soprattutto la cravatta è stretta.
- Guido, porti mai la cravatta?
- No, mai. Mamma dice che è da agenti mobilieri.
- Agenti immobiliari…Eh si, in effetti. Dice i mobilieri sono la peggiore razza.
Sarà che il sessantenne è uno dei più grandi immobiliaristi di Roma…
- E dice pure che la portano quelli come te.
- Ah, come me come?
- Come te, dice che la portano gli stronzi.
- Ah, ma lo sai che non si dicono le parolacce.
- Ma stronzo non è una parolaccia, è papà!
Ecco. La logica non perdona. I sillogismi tanto meno.
- E tu dove vai?
- Io sto andando in Parlamento. Lo sai cosa è il parlamento?
- No.
- È il luogo dove le persone elette dal popolo decidono cosa è meglio per il paese e fanno in modo che le persone, tutti, possano vivere meglio.
- E a che giocate?
È ora di allentare la cravatta.
- Non giochiamo. Facciamo sul serio.
- E quindi non vi divertite mai.
Non è una domanda, è un’affermazione.
- Capita, ma molto raramente.
- Che brutto posto.
- Ma no, è uno dei posti più belli. Pensa, tanti uomini e donne che parlano tra di loro e cercano di fare il meglio anche per te.
- Per me?
- Si.
- E che avete fatto per me?
Bella domanda. Intanto eccola per le scale, sua moglie. Tesoro non ti agitare, abbiamo chiamato la ditta. Non ti agitare, capito? Stai calmo. L’unico vero difetto di sua moglie, un ossimoro vivente, non ti agitare e sta in extra sistole.
Si si, tranquilla, sto con Guido e ci stiamo facendo una bella chiacchierata.
- E allora? Che avete fatto per me?
A pensarci bene, cosa abbiamo fatto per lui? Guido è un Asperger. Talmente perspicace a volte da mettere in difficoltà il capo del governo. Mai una volta che ti guardi negli occhi, ma ogni parola è una spada che trafigge. E poi è domande. Tante domande. Che esigono una risposta. Ed è affermazioni, che non sopportano negazioni.
La verità è che non ha fatto un bel nulla per lui. A volte, specie quando sua moglie lo tartassa con l’istruzione, riesce ad abbandonare il PIL, e la pandemia, e la TAV, e gli immigrati, e si sofferma su ciò che non ha peso né voce. Ma dura un istante, è come un lapsus. Poi la frana lo travolge. Grandi massi gli rotolano addosso. E quei piccoli sassi rimangono a lato.
Guido è un piccolo sasso.
E il cane l’ha appena fatta.
- Belle…
- L’ha fatta, l’avevo detto che gli scappava. Puzza, puzza moltissimo.
- Già, lo sento. Giuseppeeeeeeee…
- Sissignore, stanno arrivando.
- Per cortesia, il cane ha appena defecato in ascensore, vedi se c’è modo di passarmi una bustina dalla grata e dei fazzoletti umidi.
- Caro, ci penso io, non ti agitare, stai calmo.
- Puzza, puzza, puzza.
- Si Guido, puzza. Dovremmo raccoglierla con un sacchetto. Ne hai uno?
- No. Mamma dice che inquinano più i sacchetti che la merda di cane.
- Ecco…
- Mamma dice che la merda di cane è un concime naturale.
- Si, ma non sull’asfalto.
- Mamma dice che anche sul cemento possono nascere fiori. E che è molto più bello così. Mamma dice …
- Guido, facciamo una cosa, mamma dice tante cose, anche molto intelligenti, ma in questo momento è più importante raccoglierla, non vorrai che crescano tulipani nell’ascensore?
- Cosa sono i tulipani?
- Giuseppeeeeeeee
Ecco spuntare una testa, e poi due e poi molte di più. E cellulari e microfoni.
- Dottore, non lo so come l’hanno saputo. È pieno di giornalisti.
- Presidenteeee, sta bene?
- Si si, sto bene. Ma non state qui accalcati, questa palazzina è abitata da persone che non vogliono essere importunate. Per favore…
- Presidente, farà in tempo per la votazione?
- Presidente, c’è chi fa già battute su questo incidente come l’asso nella manica dell’opposizione
- Presidente, chi è il bambino?
- Questo bambino è il mio vicino di casa.
- Io sono Guido e ho l’Asperger.
- Guido non sei tenuto a dirlo.
- Mamma dice che mi devo presentare così, così le persone lo sanno e smettono di fare domande idiote.
- Buongiorno, siamo in diretta dall’abitazione del Presidente del Consiglio, sfortunatamente rimasto chiuso in ascensore, a solo mezz’ora dalla prevista votazione del decreto che infiamma il Parlamento ormai da mesi. Il presidente non è solo. Un piccolo vicino di casa e il suo cane sono con lui….
- E allora, che avete fatto per me?
- Scusa Guido, ma in questo momento…
- Mi hai detto che in Parlamento parlate e fate le cose per farmi vivere meglio.
Un silenzio d’attesa riempie la rampa delle scale.
- Presidente, cosa fa il suo governo per i bambini con handicap?
- Io non ho handicap, io ho l’asperger. Mamma dice che chi pensa che sia un handicap è uno stronzo.
- Ah ah simpatico
- Hai ragione. Presidente, scusi, cosa fate per le famiglie che devono sostenere un bambino con disabilità
- Io non sono disabilità. Mamma dice…
- Si, mamma dice che sono degli stronzi!
- Presidente!
- Si siete degli stronzi.
- Ma presidente…
- Vero Guido? Sono degli stronzi. E sono stronzo pure io, perché da quando è iniziato il mio mandato non ho fatto proprio un bel niente per te. È che ci sono urgenze e cose che sembrano e a volte sono più importanti.
- Più importanti dell’asperger? Mamma dice che bisogna farsi una scala. Che ognuno ha la sua. La mia è: primo Belle, secondo Asperger, terzo la forza segreta dei Ninja. Quarto non svegliare mai la mamma quando dorme. Quinto i poteri occulti di Spiderman. E la tua qual è?
La mia qual è?
Primo il bene comune.
Secondo la libertà individuale.
Terzo il modo in cui conciliarle.
Quarto i taralli pugliesi.
Quinto la mamma.
Ah, pure tu hai messo la mamma nella scala. Mia mamma dice che chi non mette la mamma nella scala delle cose importanti è uno stronzo.
Eh si, le mamme hanno sempre ragione.
Boom, snak, sbem, si riparte.
Terra.
Ciao Guido
Buongiorno presidente
Dottore, andiamo.
Caro, non essere agitato.
Bau.
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